domenica 16 ottobre 2016

Val Caoran

Località/Quota Arrivo: Casera Cornia   m.1733
Località/Quota Partenza: Loc Casoni m.627
Dislivello in salita:circa m.1620
Sentieri CAI: nessuno 573 521 percorso lungo e faticoso, consigliato a chi ha esperienza su questo tipo di terreno, fare molta attenzione con terreno bagnato o ghiacciato e valutare bene gli ancoraggi e gli attraversamenti.


Note:Era il 12 giugno quando partecipammo all'escursione sul Nono di Megna con il Gruppo G.E.M. di Mareno di Piave, bellissima escursione in ambiente isolato e di non facile interpretazione, sembra ancora di essere lì, su quel cocuzzolo, a sentire la storia di Agostino e a cercare di individuare le vie di accesso di questa sperduta valle, conclusa goliardicamente la giornata, ci lasciammo con la promessa di partecipare all'escursione dedicata al malgaro di Casera Cornia. Oggi, 16 ottobre, siamo qui in località I Casoni,  un chilometro a monte di Mezzocanale, il punto dove confluisce la Val Caoran nel torrente Maè, in una bellissima forra, scendiamo per un  esposto sentierino fino al torrente e tramite una serie di passerelle di legno seguiamo il corso del Caoran. Un divertente ponte sospeso con cancello sembra quasi farti entrare in un mondo dimenticato, dove numerose sono le tracce della presenza di boscaioli. Arrivati al bivio per Cornia il gruppo si divide,... ci sarebbero le cascate da andare a vedere, questo comporta un ulteriore dislivello che non tutti si sentono in grado di affrontare, ma la giornata è bella e sarebbe un peccato non percorrere tutta la valle; naturalmente ci affidiamo agli amici del G.E.M.. La traccia scende verso il corso del torrente, un ponte di tronchi instabile e scivoloso  con la vecchia teleferica come cavo di sicurezza, permette l'attraversamento di una frana,  il sentiero diventa ora più facile, ci fermiamo per una breve sosta presso un ricovero per poi entrare nel'ultimo tratto della valle, dove da lontano si vedono i due salti d'acqua. L'anfiteatro che abbiamo di fronte è spettacolare,si alza il vento provocato dalla caduta dell'acqua, ci muoviamo tutti come di fronte ad una cattedrale, ma bisogna andare, il percorso è lungo e ritorniamo sui nostri passi fino al bivio, con la promessa: "facciamo tappa e  mangiamo qualcosa alla fine della salita". Il sentiero sale costeggiando i ripidi versanti della Val di Carpenia fin sotto il Col di Carpenia dove troviamo un breve tratto assicurato con uno spezzone di corda in acciaio, il passaggio si rileva molto insidioso perchè bagnato, poi devia in direzione ovest fino alla quota 1326, anche qui ci sono i resti di una teleferica, da questa zona dovrebbe partire una traccia che porta verso Casera Carpenia, ma non è il nostro obbiettivo. Ripartiamo, troviamo una bella cascata con pozza lungo il sentiero e finalmente arriviamo alla Cengia de la Pieda, siamo sopra l'anfiteatro, intravediamo in mezzo gli alberi la cascata, a tratti la traccia è esile e i pendii sono vertiginosi, rientriamo nel bosco, in due proviamo a scendere  dove il torrente fende la roccia per poi cadere verticale, l'ultimo larice segna il confine con il vuoto ma non riusciamo a vedere nulla, il tratto iniziale è incassato nelle rocce, peccato. Raggiungiamo gli altri, il gruppo ora si è riunito, siamo in Casera de la Cazeta, il mondo dimenticato è dietro di noi??........no.... è dentro di noi..........

Filmato Escursione



 Agostino 

Di Claudio Dal Cin Incontrammo il pastore di Malga Cornia un giorno di settembre. Da forcella Sagrona le tre piccole costruzioni in muratura ci parvero belle ed accoglienti come un grand hotel. Avevamo percorso il viaz del Mario, itinerario alpinistico dedicato al compianto amico Mario Peruzza, mancato sulla Zacchi, Schiara, quasi 40 anni fa. Eravamo alla ricerca di un collegamento tra la cima del Coro e lo Spigolo del Palon a prolungare il magnifico giro di creste. Il neofita Franchetto, capitato per sua disgrazia tra vecchi e smaliziati frequentatori di sfasciumi e di crepe, rimasto isolato ed incrodatosi (?) sul cocuzzolo tra mughi e rocce, qual tenera Lucia di Manzoniana memoria circuita dai Bravi, invocava disperato e singhiozzante l'aiuto di Renzo, non Tramaglino però, dimentico della paradisiaca visione della sottostante vallata con le casette da fiaba.Memore della funesta avventura a tutt'oggi, dopo dieci anni, ormeggiata una piccola barca alla foce del Piave, in quel di Cortellazzo, F. dedica il suo tempo libero esclusivamente alla pesca con canna ed amo. Accolti da un gruppo di asini curiosi come zitelle, tra bovine sparse al pascolo, trovammo Agostino il malgaro ad accoglierci sulla porta della casera, accanto ad una caliera nera di fuliggine su cui ci gettammo disputandoci, come fossero manicaretti francesi, croccanti, bruciacchiate croste di polenta. Ci cambiammo con qualcosa di asciutto e scambiammo qualche parola col pastore abbastanza taciturno. Sbuco' dal fondo di uno zaino una grossa soppressa, salvatasi dall'abbuffata della sera precedente al bivacco Carnielli: il malgaro ci invitò allora nel suo regno.Il grand hotel era ad una sola stanza: da un lato il focolare delimitato da pietre, al centro il tavolaccio con due panche contrapposte, in fondo su di un soppalco un materasso di colore incerto, lungo una parete una credenzaccia aperta con pentole, alcuni formaggi e secchi penzoloni. In mezzo al fumo ci demmo subito da fare con la soppressa, la tagliammo alla contadina, con le fette abbastanza spesse da poter stare in piedi. Il buon Agostino, tra un racconto ed un altro con aneddoti riguardanti la solinga vita sugli alpeggi, offriva fette di polenta e soprattutto, esauritasi precocemente la nostra scorta di carburante, da una capace fiasca versava incessantemente un merlot vinoso, rosso cupo ma non troppo, un che di aspro a pulirti il palato, gradi dodici, delizioso, delicato, diceva, peccato non ne prendiate più. Ci accomiatammo un pò brilli e con dispiacere ad affrontare faticosamente la salita per forcella Piccola: un ultimo sguardo all'indietro con la visione del buon pastore fermo a salutarci sulla porta della baita.Ci eravamo ripromessi di ritornare presto in quell'Eden sperduto e dimenticato; sono però passate parecchie estati, ci ha raggiunto nel frattempo la notizia della morte di Agostino. Ci siamo tornati l'anno scorso salendo dalla Val Caoran, su un itinerario tutto da scoprire e suggeritoci in quella malga fumosa molti anni fa: da lontano il sempre stupendo colpo d'occhio sulle casere, posizionate su un leggero declivio da gnomi dei boschi, gli asini sono ancora lì ad accoglierti curiosi ed invadenti, ma la malga è chiusa, gli steccati per il bestiame cadono a pezzi, c'è un gran disordine in giro. Con una sensazione di freddo e solitudine, non osi romper il il silenzio naturale avvertendo ancora la presenza malinconica del malgaro Agostino col ricordo delle sue vissute storie di montagna ed il suo generoso vino.